“La fotografia non sa mentire, ma i bugiardi sanno fotografare”
scriveva nel 1909 il grande fotografo Lewis Hine. Con pochi clic del mouse oggi chiunque può trasformare le proprie fantasie in una immagine che “sembra una fotografia”. Ma è giusto dire che i superpoteri di Photoshop abbiano inaugurato l’era del sospetto?
Una divertente e acuta digressione sui temi del vero e del falso nella fotografia nata sulla scia delle accese discussioni intorno al digitale e alla sua estrema manipolabilità. Smargiassi tenta di dimostrare che la “rivoluzione digitale”, almeno in termini di rovesciamento del dogma referenziale della fotografia, della sua assunzione di veridicità, non esiste, perché quel dogma è stato sfidato con successo più volte anche nel secolo e mezzo della fotografia analogica.
Con una serie di esempi e tanti gustosi aneddoti, il volume spiega “come” la fotografia abbia saputo mentire nella storia (in modo volontario e involontario), come la catena di decisioni umane e “inconscio-tecnologiche” che produce un’immagine implichi inevitabilmente un’alterazione della realtà percepita. Infine, affronta il “perché” l’immagine fotografica sia stata costretta o tentata di mentire.
Michele Smargiassi è giornalista professionista da vent’anni, prima a l’Unità poi a la Repubblica, dove è inviato di cronaca e cultura, coltiva la sua passione per la storia e l’antropologia sociale della fotografia scrivendo articoli e saggi (uno dei quali, sulla fotografia familiare, è apparso sugli Annali della Storia d’Italia Einaudi), curando mostre e pubblicazioni, collaborando con musei e istituzioni, tenendo conferenze e corsi. Da uno di questi, dedicato al rapporto fra fotografia e realtà, è scaturita l’idea di questo volume. Vive a Modena.